Note al Programma - Pagina 3 - Associazione Sicut Lilium

Note al programma
Il profluvio di virtuosismi, per cui il “Prete rosso” è famoso, nei brani sacri trasfigura in un’architettura formale avvincente ed in un’energia ritmica e melodica di grandissimo coinvolgimento. L’incredibile fama del Gloria, ri-conquistata già subito dopo la prima esecuzione moderna ad opera di Alfredo Casella nel 1939, è frutto del naturale incontro tra un gusto brillante, spettacolare e fastoso e la fluidità compositiva del maestro veneziano. In merito alla musica, tutta da godere, di questo meraviglioso Gloria, altro non diremo.

Le voci corali del Gloria RV589 - Un falso enigma?
Vivaldi compose almeno tre diversi Gloria. Uno è andato perduto; dei due rimasti, il Gloria RV589 è oggi  il più popolare: è il Gloria di Vivaldi, tout-court.
Fu probabilmente composto per l’Ospedale della Pietà verso la fine del 1716. Presso questo Ospedale l’organico vocale era di sole donne, le «figlie di coro»; questo lascia aperte molte ipotesi sul perché il manoscritto che ci è pervenuto (conservato presso la Biblioteca nazionale di Torino, nel Fondo Foà-Giordano) preveda parti di Tenore e Basso. Allo stesso tempo è però possibile che queste stesse fanciulle cantassero anche le parti di Tenore e Basso, tenendo conto che il diapason in uso a quel tempo a Venezia era probabilmente un poco più alto dell’attuale e considerando anche la notevole preparazione vocale delle «figlie di coro», oltre alla possibilità di cambi di ottava e scambi di parti, talvolta suggeriti dalla scrittura polifonica.
E’ infine altresì possibile che le composizioni di Vivaldi di quel periodo fossero destinate ad un utilizzo anche al di fuori dell’ Ospedale della Pietà.

Dell’organico
Data la vasta diffusione e la popolarità di questo Gloria se ne possono incontrate esecuzioni dagli organici più disparati; le principali differenze sono nel numero di archi impiegati e nel tipo di strumenti adottati.
In questo concerto l’orchestra barocca «Aurea armonia» impiegherà copie di strumenti antichi, analoghi a quelli usati da Vivaldi, dalle sonorità e dalle possibilità di fraseggio sensibilmente differenti da quelli moderni.

La tromba naturale e l’oboe barocco, oltre che per l’appropriatezza filologica, continuano ad essere anche oggi scelta preferibile per un miglior dialogo sonoro con le voci e per la dolce fusione dei timbri.
In quest’ottica, per l’organico del basso continuo, oltre a violoncello e contrabbasso barocchi, si utilizzerà un equivalente del ClaviOrgano, strumento diffuso dal XV al XVIII secolo, che nasce dalla combinazione di un clavicembalo ed un organo positivo, così da unire la brillantezza dei «pizzichi» (clavicembalo, arpa, tiorba, ...) con il sostegno sonoro dell’organo.
L’organico «cameristico» degli archi, se potrà sorprendere alcuni, nondimeno, al di là di esigenze organizzative ed intenti divulgativi, appare musicalmente plausibile, alla luce della nobilissima tradizione di artigianato musicale che ha caratterizzato in buona misura il Barocco.

Imprestiti e plagi
Nel Settecento la ricerca di casi in cui l’idea musicale di un compositore fosse «presa in prestito» da altri musicisti era forse più ardua per disagevoli comunicazioni e spostamenti o forse poco interessava.
Non era raro il riutilizzo di temi, anche propri: lo si può riscontrare in Haendel, Vivaldi e Bach. In alcuni casi il riutilizzo di materiale altrui era considerata autentica ammirazione, omaggio ad un maestro degno di citazione. Più sottile è il caso di veri e propri «plagi».
Potremmo comunque congetturare che Vivaldi non amasse comporre «fughe» o non avesse il tempo di farlo. In questo Gloria infatti gli unici due movimenti fugati non sono sua invenzione: l’ultimo movimento del Gloria RV589, un fugato, appunto, (il «Cum Sancto Spirito») è preso quasi completamente da analogo movimento di un Gloria di Giovanni Maria Ruggieri datato 9 settembre 1708; anche il «Propter magnam Gloriam tuam» risulta un «imprestito».
C’è dell’altro: per la nostra mentalità, forse ossessionata dall’originalità e dal diritto d’autore, lo scoprire che nella biblioteca di Dresda è conservato il «Concerto a 4 con violino primo obbligato» di uno sconosciuto Gaetano Maria Schiassi (*1698 in Bologna - attivo a Bologna e Mantova, e dal 1734 a Lisbona - †1754 in Lisbona ), con l’incipit quasi identico a quello del Gloria di Vivaldi, apre un’infinità di ipotesi.

Beatus vir
Vivaldi compose almeno tre brani sul Salmo 111, di cui uno è andato perduto. Il Beatus vir RV598 consiste di un solo movimento che richiede la presenza sia di tre Soli che del Coro, oltre all’orchestra: un unicum tra le sue opere sacre sopravvissute. Scritto anch’esso probabilmente nel  primo periodo presso l’Ospedale della Pietà (1713-1719), mostra come Vivaldi seppe superare varie difficoltà compositive, non ultima la lunghezza del testo: ben nove versi, disposti in un unico movimento dalle proporzioni inusuali di 420 misure. Lo stile e la forma sono quelli di un concerto strumentale ampliato. Ci sono almeno venticinque sezioni, ritornelli o episodi, e si toccano sei tonalità, oltre alla tonica. Le tre voci sole ed il coro sono trattati come i solisti in un concerto strumentale; equilibrio e varietà sono sapientemente alternati. E’ ammirevole l’economia tematica di Vivaldi: una frase cadenzante facilmente riconoscibile di sole sei note percorre l’intero movimento.
E’ un brano meno conosciuto del Gloria, ma di sorprendente freschezza.

Oggi
Quest’edizione di «Sentieri di Musica» è intitolata «Splendori italiani». La vitalità musicale italiana non è certo esclusiva del passato.
Il mondo corale italiano, particolarmente negli ultimissimi decenni, sta vivendo una stimolante rinascita: numerose e valide formazioni vocali, bravi direttori, cantori motivati, compositori giovani e talentuosi.
Senza pretendere di essere rappresentativi di questa «primavera corale», semplicemente vi attingiamo: lirico ed evocativo il primo brano («Che farmene delle stelle» di Anna Galliano), classicamente sacro ma armonicamente denso il secondo («Pater noster» di Sergio Sentinelli), più ritmico l’ultimo («Jubilate Deo» di Manolo Da Rold).
La scelta di questi brani, oltre al valore musicale, è facilitata da alcuni aspetti: l’apprezzamento e la conoscenza diretta con Anna, la stima artistica «a distanza» con Sergio ed il desiderio di un’apertura ritmica nel sacro di Manolo Da Rold.


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